- frequenza degli infortuni nello sci
- epidemiologia: gli infortuni classici degli sciatori
- età e sesso: chi si infortuna di più?
- prevenzione degli infortuni
- infortuni di tipo degenerativo
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Molti pensano che lo sci sia uno sport pericoloso, perché è uno sport di velocità, potenzialmente acrobatico (se si fanno i salti), ed è praticato in un ambiente ostile come quello montano.
Senza dubbio tutti gli sport in cui si raggiungono velocità elevate (e lo sci è senz’altro tra questi) hanno un tasso di rischio più elevato rispetto a sport più “statici”. Una massa che si muove accumula una energia cinetica che dipende dal quadrato della velocità: raddoppiando la velocità, dunque, l’energia cinetica quadruplica. Questa energia, in caso di caduta o collisione, può essere scaricata sulle articolazioni dell’atleta, causando danni potenzialmente gravi. Dunque sarebbe sbagliato considerare lo sci un sport “sicuro” in assoluto.
Tuttavia, analizzando i dati statistici, si scopre che lo sci è probabilmente lo sport di velocità meno rischioso in assoluto ed è addirittura più sicuro di altri sport che possono sembrare meno pericolosi, come la corsa o il calcio.
In questo articolo presenterò i risultati di una recente review (uno studio che fa il punto della situazione, analizzando tutti gli studi effettuati sull’argomento) pubblicata nel 2018, che prende in considerazione gli infortuni relativi allo sci ricreativo, escludendo pertanto sia gli studi sugli infortuni con lo snowboard, sia quelli relativi allo sci agonistico.
Frequenza degli infortuni nello sci
Le statistiche effettuate nei diversi studi hanno dimostrato una frequenza intorno ai 2 infortuni per ogni 1000 giornate di sci. In altri sport gli infortuni sono molto pià frequenti: per esempio, nella corsa uno studio dell’Università della Corolina ha riscontrato dai 2,5 ai 21 infortuni per 1000 ore di corsa. Ovviamente è molto improbabile che un runner si rompa il crociato anteriore o si procuri un trauma grave alla colonna vertebrale o alla testa. Insomma, infortunarsi nello sci è un evento raro, tuttavia, come in tutti gli sport di velocità, bisogna mettere in conto la possibilità, seppur remota, di farsi molto male, cosa che in altri sport è estremamente improbabile.
In questo lo sci è molto simile alla bicicletta, dove infortunarsi nel normale utilizzo è molto difficile, ma se si cade sono dolori. Non a caso, quasi ogni giorno in Italia muore un ciclista e 40 sono ricoverati in ospedale.
Nello sci agonistico di alto livello gli infortuni sono molto più frequenti, mentre non esistono studi per quanto riguarda il mondo master.
Epidemiologia: gli infortuni “classici” degli sciatori
La maggior parte degli infortuni si verifica agli arti inferiori, i vari studi hanno mostrato percentuali che vanno dal 43% al 77% di tutti gli infortuni legati allo sci alpino.
Le lesioni dei legamenti del ginocchio sono di gran lunga le più comuni, i legamenti coinvolti sono spesso quello crociato anteriore e il collaterale mediale. Le fratture della tibia sono abbastanza comuni, rappresentando fino al 6,4% degli infortuni. Più raramente si osservano distrazioni muscolari del polpaccio causate da un mancato sganciamento dell’attacco durante una caduta in avanti, distorsioni e fratture della caviglia, e lacerazioni causate dalla lamina dello sci.
Le fratture alla tibia sono fortemente diminuite (una volta rappresentavano il 20% degli infortuni sugli sci!) grazie al miglioramento dei sistemi attacco / scarpone, ma putroppo ancora non si è trovata una soluzione per il problema delle lesioni ai legamenti del ginocchio, che quasi sempre si rompono prima di raggiungere la forza torcente necessaria per aprire l’attacco. Le lesioni al legamento crociato si verificano molto più spesso nelle donne, mentre gli uomini si fratturano pià spesso la tibia o il piatto tibiale. Le fratture al piatto tibiale sono in aumento, forse per il fatto che l’età media degli sciatori è in continuo aumento.
Gli infortuni agli arti superiori rappresentano per circa il 14% delle lesioni totali e coinvolgono principalmente il pollice e la spalla (vedi il video sul pollice dello sciatore).
Le lesioni alla testa e al collo rappresentano il 13% di tutte le lesioni.
Gli incidenti mortali sugli sci sono estremamente rari, circa lo 0,01% di tutti gli infortuni mette a rischio la vita dello sciatore. Negli USA si contano in media 38 morti per ogni stagione sciistica, pari a 0,67 incidenti mortali ogni milione di sciatori.
Età e sesso: chi si infortuna di più?
Gli uomini si infortunano mediamente più delle donne, perché tendono a prendersi più rischi. I soggetti giovani sono più a rischio, sempre per lo stesso motivo (rischiano di più), secondo due studi (non confermati da altri), anche gli over 50 sarebbero quelli più soggetti ad infortuni.
Prevenzione degli infortuni
Per prevenire gli infortuni possiamo adottare strategie attive e passive.
Tra quelle passive, l’uso del casco ha dimostrato una certa efficacia, soprattutto per prevenire lesioni gravi alla testa, e nessuna controindicazione. Gli studi sul paraschiena sono ancora troppo pochi per poter dare una risposta definitiva riguardo questo sistema di protezione.
Tra le protezioni attive, menzioniamo quelle che più probabilmente sono coinvolte in una riduzione del rischio:
- saper valutare correttamente le proprie capacità
- essere tecnicamente preparati
- essere fisicamente preparati
- evitare le situazioni ad alto rischio di infortunio
Per quanto riguarda l’ultimo punto, bisognerebbe fare molta attenzione quando la visibilità è scarsa e la condizione delle piste è difficile (piste rovinate e piene di gobbe, oppure ghiacciate).
Infortuni di tipo degenerativo
Se escludiamo lo sci agonistico, che è molto impattante per le articolazioni e può costringere l’atleta più “debole” a smettere di sciare ad alto livello, superata una certa età, a causa di problemi articolari (per esempio alla schiena o alle ginocchia), lo sci ricreativo sembra avere un impatto molto gestibile sulle articolazioni degli anziani, che possono nella maggior parte dei casi continuare a sciare anche in tarda età.
Altri sport come il tennis o la corsa sono molto più impattanti e costringono molto prima, solitamente, l’atleta al “ritiro”. Questo fenomeno è dovuto sicuramente in parte al fatto che le giornate di sci non sono così frequenti (uno sciatore che scia 30 giorni l’anno è già un appassionato molto assiduo), ma anche al fatto che lo sci non agonistico è effettivamente uno sport che prevede un tipo di sollecitazione molto varia, mista aerobica e anaerobica, e sembra essere quindi piuttosto salutare anche se effettuato in tarda età.
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